Perché siamo tristi il giorno del nostro compleanno?

Perché siamo tristi il giorno del nostro compleanno?

È una sensazione che almeno la maggior parte delle persone ha potuto provare nella propria vita. La risposta che ho trovato a questo malessere, dopo averci pensato, ragionato per molto tempo – ma non così tanto da far passare un giorno – è stata semplice. Almeno per me lo era; una risposta che si avvicinava moltissimo alla depressione.

Molto più semplicemente immaginiamo due linee: la linea della depressione e la linea del giorno del nostro compleanno. Queste due linee, uguali nella loro diversità, viaggiano separate, insomma due linee parallele. Ma queste una volta l’anno decidono di sfiorarsi e allora potremmo chiamarle paralsezione, una crasi tra parallele e intersezione. Il giorno del nostro compleanno oltre ad avere una torta con sopra delle candeline abbiamo come regalo una Retta paralsezione.
Qualcuno si chiederà “perché la depressione?”.
La depressione – spiegata da chi non ha studiato la depressione – è quel meccanismo che tra tante mille opzioni ti porta a sentirti fermo, immobile, impotente davanti a tutto il resto del mondo che continua a girare, produrre e consumare.
Il 27,5% della popolazione mondiale possiede una Retta paralsezione, solo l’1, 3% è consapevole di possederla.
La diagnosi è stata fatta, la soluzione è in fase di ricerca.
Una delle tante soluzioni proposte fu chiamata Il tabellone del giorno.
Un tabellone in ogni città del mondo che sin dalla prima mattinata mandasse in onda nome e cognome del festeggiato con un bellissimo augurio di compleanno, così da informare tutta la città del giorno speciale. Però, pensiamo alle grandi metropoli come New York, Tokyo, Nuova Delhi: quante persone possono essere nate lo stesso giorno? Il tabellone andrebbe in tilt, e nessuno, in mezzo ad altri mille festeggiati, si sentirebbe speciale.
C’è chi poi ha suggerito (romantici e malinconici) Il piano glaciazione: congelare il festeggiato per quattro giorni per non accumulare tristezza. Questa proposta fu subito bocciata, in quanto si sarebbe avuta una netta intersezione, un collasso definitivo verso la depressione.
Mentre le lacrime dei festeggiati scendevano e venivano cercate vanamente soluzioni, notai un piccolo ma importante dettaglio: la Retta paralsezione non accadeva ad ogni compleanno ma si alternava. Un anno sì, un anno no. Come sempre mi diedi una spiegazione da non scienziata né tanto meno da psicologa o quant’altro: non puoi essere ancora più deluso del compleanno scorso, dove son state versate solo lacrime amare, perciò si prende coraggio e si festeggia, magari per una settimana intera. L’anno seguente, come un grandissimo cult, si tornerà sulla nostra Retta paralsezione, in cui ci sarà  la bellissima aspettativa dell’anno precedente, della grande festa, ma in realtà avremo la nostra piccola depressione. Un ciclo di non ritorno, una droga a cui l’essere umano non sa resistere.
Quel piccolo 27,5% era ben noto per la sua sensibilità, inclinazione a una piccola depressione e tendenza al catastrofico. Dunque non c’era da stupirsi della loro Retta paralsezione.
Per loro l’unica soluzione sembrava essere solo una: l’accettazione.
Accettare uno stato d’animo non è forse l’unico modo per andare avanti? Addirittura potrebbe essere la sospensione alla nostra disperazione o quantomeno affievolirla.
Con l’accettazione le lacrime potrebbero diminuire e magari si potrebbe arrivare ad accennare un piccolo sorriso come risposta all’esclamazione “Buon compleanno!”.

Perché siamo tristi il giorno del nostro compleanno?